giovedì 7 gennaio 2021

Lumini rossi

Cara mamma,


ormai sei morta e sono passati gli anni. Oggi è il 2 novembre, il giorno dei defunti e un sussurro inspiegabile dell'anima mi ha spinto qui, a girovagare in questo cimitero.

La tua tomba è spoglia. Piena di erbacce. Non la cura nessuno.

Altro che luogo della memoria!


Quando eri in vita, da te avrei voluto abbracci sinceri e ascolto. Ma purtroppo un tuo abbraccio caldo invece non è mai arrivato.

Chissà, mi sono detto che forse ero io a non meritarlo o a non volerlo per paura di non esserne degno.


Quelle poche volte che ti avvicinavi, seppure erano tue le braccia avvolgenti e lunghe e tuoi erano i seni che premevano il mio petto, sentivo che era tuo anche il bisogno dell’abbraccio.

Tu non hai mai donato mamma, ma piuttosto hai preteso di ricevere. Sempre.

Volevi quell’amore che tu non avevi. E lo chiedevi a me.


Cara mamma, mi dispiace, ma non avverto alcun sentimento caldo e filiale, mentre le folate di bora gelida scompigliano i miei capelli arrossandomi viso, gote e orecchie.


Sin dalla più tenera età, mi inventai adulto e tanto tanto buono. Pensavo che così, forse, mi avresti amato. Certo....

 

Nonna, invece da bambino, la sera, spesso mi teneva sulle ginocchia e mi cullava prima del sonno, raccontandomi tante fiabe con la sua tenera dolcezza. Lei si, mi dava affetto. E tu mamma, eri gelosa anche di quello.


Ogni tanto, nonnina cara ti sogno.

Vieni a trovarmi nella penombra dell’alba e mi sussurri all’orecchio ninne nanne dolci.

"Stella, stellina

la notte s'avvicina

la fiamma traballa

la mucca è nella stalla

la mucca col vitello

la pecora e l'agnello

la chioccia coi pulcini

ognuno ha i suoi bambini ..."


Così, poi la mattina, mi sveglio con delle lacrime calde che mi rigano le guance.


Ho sognato spesso anche te mamma. Un sogno ricorrente che mi ha accompagnato per anni.

Avevi le forme di un demone con le corna e con una bocca enorme che mi voleva divorare.

 

Ma l’ultima volta è successso qualcosa di diverso tra queste contorte pieghe oniriche. L’ultima volta sono stato io il più forte.

 

Si mamma, perchè ti ho ucciso. Come San Giorgio e il drago.

 

La paura di te in quel momento è svanita e finalmente nel sogno sono nato. Per la prima volta mi sono sentito vivo, in un Io autogenerato.

La tua rabbia non mi atterriva più come tutte quelle volte in cui da bambino mi facevi sentire inetto e non amato. Annichilito e terrorizzato dalla testa ai piedi per ogni mio minimo errore.

Certo, della mia infanzia ho a volte un flebile ricordo dei tuoi abbracci. Però ho sempre sentito repulsione per quel tuo corpo che si stringeva al mio.


Penso a tutto questo mentre girovago in questo cimitero vuoto e spoglio.

Il cimitero è un posto sereno per alcuni, per altri un po’ meno.

Io non lo so.

Oggi sono qui, spinto da uno di quei bisbigli rari, che a volte si affacciano nelle traiettorie di una vita e portano a fare cose strane e bizzarre, perchè io su questa tua tomba arida non ci vengo mai.

Ora però devo andare.

Addio mamma, non credo che tornerò mai più.



 

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