Nel
dormiveglia stamane ho riflettuto sulle dinamiche dei gruppi e sulle mie
reazioni interiori in merito ai conflitti. Non piacciono i conflitti.
Cerco sempre di appianarli, di conciliare e di stemperare. Questa inclinazione,
come e' ovvio e' legata alla mia storia personale; ognuno ha la sua. Ma il
conflitto fa parte della vita, anzi a guardarsi intorno, nei TG e nei giornali
sembra la vita stessa. Purtroppo. Dicono poi, gli psicologi, che bisogna
imparare a gestirli. A pensarci bene i conflitti possono essere di due tipi:
distruttivi o costruttivi. I primi generano astio, malumore, odio nei casi
estremi o molto piu' spesso allontanamento. I secondi invece sono necessari per
destabilizzare un equilibrio, per rompere una scorza che sia di routine o di
schemi mentali, e se gestiti e capiti possono portare a una maggior condivisione.
Ad un nuovo equilibrio piu' vero. A me in realta' interessa particolamente quel
luogo dove i conflitti si sgretolano e nasce la condivisione. Si ma dove sta
questo luogo? Per me e' il luogo del proprio dolore. Quello, se e' autentico,
puo' far sorgere discussioni solo nelle persone insensibili. Si ma il mondo e' pieno di questi individui, mi direte. E' vero,
ma vale la pena non vivere e sotterrarsi con le proprie mani per costoro? E'
un'esperienza che ognuno di noi puo' fare nella propria vita e certamente non
solo studiando psicologia. E' un piccolo fremito nella pancia, una fragilita'
crescente, un sibilo di voce che da debole si fara' ogni volta un po' piu'
forte. Una voce di autenticita' che non ha bisogno di teoremi e spiegazioni,
che si rinnova sempre perche' non puo' essere uguale a se stessa, pena l'essere
scontata. E dunque falsa.
Nella mia fantasia si fa strada un posto di accoglienza: un luogo sicuro, caldo, affettuoso ma autorevole, in cui poter prendermi cura del dolore delle persone e trasformarlo in calore e creativita'. Questo deve fare uno psicologo e uno psicoterapeuta. Utilizzando un'umanita' che vuole essere partecipazione matura e non semplice caso clinico, asettico, bianco come un bisturi che odora di disinfettante. Anzi, spesso le cose piu' importanti sono proprio quelle piu' sporche. Una responsabilita' enorme quella di accogliere il dolore,, immane per la quale ci vuole un buon addestramento e buoni maestri. E secondo me parecchia umilta'. Questo spirito di condivisione ha sempre guidato anche la mia pratica di shiatsu. Da anni lo penso e sono sempre piu' convinto che le persone cattive non esistono, ma esistono solo persone che stanno male e che forse avrebbero bisogno di uno spazio in cui crescere ed essere capiti. E di spazi di questo tipo ahime' ce ne sono proprio pochi.
Nella mia fantasia si fa strada un posto di accoglienza: un luogo sicuro, caldo, affettuoso ma autorevole, in cui poter prendermi cura del dolore delle persone e trasformarlo in calore e creativita'. Questo deve fare uno psicologo e uno psicoterapeuta. Utilizzando un'umanita' che vuole essere partecipazione matura e non semplice caso clinico, asettico, bianco come un bisturi che odora di disinfettante. Anzi, spesso le cose piu' importanti sono proprio quelle piu' sporche. Una responsabilita' enorme quella di accogliere il dolore,, immane per la quale ci vuole un buon addestramento e buoni maestri. E secondo me parecchia umilta'. Questo spirito di condivisione ha sempre guidato anche la mia pratica di shiatsu. Da anni lo penso e sono sempre piu' convinto che le persone cattive non esistono, ma esistono solo persone che stanno male e che forse avrebbero bisogno di uno spazio in cui crescere ed essere capiti. E di spazi di questo tipo ahime' ce ne sono proprio pochi.
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