Lo sentono nell’aria. Come fosse un odore.
Iniziano a scodinzolare e a guardarmi con una domanda che ha già in se una risposta quasi certa.
Hanno fiutato.
Eppure la mia era solo un’intenzione non ancora pronunciata. Un’idea che loro hanno captato.
“Si” dico con aria affettuosa “andiamo fuori a fare una passeggiata”.
A questa certezza inizia l’euforia. Luna, la mia cagnetta, inizia ad abbaiare e a sorridere; perchè lei ride e io che la conosco lo capisco. Teo, l’altro cane, inizia a fare le trottole su se stesso.
Passa qualche attimo di pura gioia i miei due cani si lanciano verso i guinzagli.
Teo è un labrador puro, color miele, di circa due anni e mezzo. L’età esatta non la so, l’ho adottato da un rifugio. E’ stato salvato in gravi condizioni da alcuni volontari, che non sapevano quando fosse nato.
Luna invece è una meticcia di labrador nera di cinque anni, adottata da cucciola. Aveva appena un mese e mezzo e stava in una mano.
Adesso è una labradorina in miniatura. Non che sia piccola, pesa diciotto chili, ma non raggiunge la mole del labrador di razza, sebbene ne preservi la caratteristica camminata ondeggiante.
Mettere loro collare e guinzaglio non è facile.
Perché per il cane andare a passeggiare è come per noi umani vincere al Superenalotto.
Non stanno nella pelle e prima di riuscire a farli accovacciare devo ripetere loro due o tre volte il comando del seduto. E’ tutto uno sbattere di code su mobili e battiscopa.
Poi, dopo tutto il trambusto siamo pronti per uscire.
Apro la porta e nel loro fervore incontenibile i cani iniziano a tirare. Luna inoltre abbaia forte per la felicità.
I primi cinquanta metri sono sempre faticosi e devo contenere la loro euforia strattonando con un certo vigore i guinzagli. Dicono che il cane che tira al guinzaglio vuole essere dominante.
Non lo so se sia così, ad ogni modo un po’ di disciplina in una famiglia non fa mai male e provo, forse con scarso successo, a fare il lupo alfa.
I cani annusano tutto.
L’olfatto è per loro la nostra vista. È il loro senso primario ed esplorano così un mondo che a noi è precluso. Un mondo fatto di odori a noi invisibili.
Io e i miei cani abbiamo il nostro giro usuale.
Abito in campagna, e poco dietro la mia casa c’è una strada sterrata che porta al bosco.
E’ lì che li lascio liberi di correre.
Subito è un abbassare il muso a terra e un annusare ogni singolo anfratto, ogni erba e ogni tronco, alla ricerca di chissà che cosa.
È una frenesia di nasi che esplorano.
Luna inizia a correre avanti e indietro, a cercare qualcosa, un pezzo di legno, una pigna, che io possa tirarle per poi riportarmela.
Teo invece è un pacioccone. Per un po’ va a zonzo tra l’erba alta e gli alberi che affiancano il sentiero, poi fa i suoi bisogni in un modo tutto suo caratteristico, eseguendo un pittoresco balletto in girotondo.
Infine, si mette a camminare al mio fianco e mi segue come un’ombra.
Come giro a destra lui gira a destra, come giro a sinistra lui gira a sinistra, come mi fermo, si ferma e inizia a guardarmi come a chiedermi “ Eh mo’, dove andiamo?”.
Da sempre l’uomo ha convissuto con i cani. Da quando i nostri antenati preistorici hanno addomesticato il lupo ed è probabilmente per questo passato ancestrale, che camminare nella natura con il cane ha un qualcosa di speciale.
Mi piace osservarli mentre corrono liberi.
Formiamo un branco.
Luna è la più irrequieta. Quando corre avanti si ferma spesso a vedere se ci siamo tutti dietro a lei.
Il branco va in giro insieme e nessuno si deve perdere.
Ogni tanto mi nascondo fulmineo dietro a qualche albero, per vedere come reagiscono alla mia scomparsa.
Nei loro occhi per un attimo regna sconcerto. Quasi il panico. Poi si mettono a correre nell’ultima direzione nella quale mi hanno visto.
Quando alla fine salto fuori dal mio nascondiglio è un mare di feste e di leccate. Un abbaiare gioioso e allegro.
Spesso me ne starei a casa e non uscirei, ma quando vedo gli occhioni dei miei cani che mi guardano supplicanti, non posso fare a meno di accontentarli.
E quando sono li, tra l’erba e gli alberi e vedo come sono felici, la gioia pervade anche me.
I cani mi fanno tenerezza perché non chiedono nulla se non una ciotola e un po’ di affetto.
Non preservano rancore, anzi, non sanno nemmeno cosa sia e sono disposti a ritornare anche dal padrone più crudele, perché così è nella loro indole.
Mi chiedo come si possa non abbracciare quegli occhioni languidi e quelle pancione pelose, e sprofondare nella tenerezza dei sospiri che fanno quando si rilassano distesi, mentre li accarezzo o ancora ridere divertiti nel vedere le loro zampe che corrono mentre dormono, a immaginare chissà che pascoli sconfinati.
Poco importano i peli sul divano o sui miei vestiti. Fanno parte del gioco e infine sono poca cosa in confronto al calore che loro donano.
Non m’importa di quelli che dicono che sono solo cani e come tali bisogna trattarli.
Io infatti, li tratto da cani.
Li accarezzo e li coccolo appena me ne danno l’occasione, cioè sempre.
Li lascio stare distesi con me sul divano. A volte anche sopra di me, il che con Teo che pesa quaranta chili è un problema. Li porto a fare le passeggiate in mezzo alla natura, per loro il massimo della felicità.
Quando torniamo verso casa, Teo e Luna sono molto più tranquilli.
Al guinzaglio non tirano più. Si sono sfogati e per quel giorno gli basta.
Mi guardano soddisfatti e si vede dai loro occhi che sono felici.
Percorriamo la strada asfaltata in lieve pendio, e Teo inizia come sempre ad arruffare il pelo sulla schiena.
Stiamo infatti per costeggiare la casa in cui vivono due pastori bergamaschi, che lo irritano parecchio. Ogni volta, se non ci fosse il recinto si sbranerebbero a vicenda.
È tutto un abbaiare e denti digrignati.
Luna invece è incurante del più, e se ne fila via dritta senza degnare i pastori di un benché minimo sguardo.
È la solita storia. Competitività tra maschi.
Ma basta che lo strattono un po’ e Teo rinviene subito dalla sua aggressività.
Anche per oggi è andata.
Apro la porta di casa, tiro via i guinzagli e li lascio liberi.
Loro, prima bevono, poi reclamano qualche biscottino e in un istante sono distesi sul divano per continuare la loro placida routine.
Non ho mai visto altro essere vivente addormentarsi così velocemente.
Fanno proprio una vita da cani.
Iniziano a scodinzolare e a guardarmi con una domanda che ha già in se una risposta quasi certa.
Hanno fiutato.
Eppure la mia era solo un’intenzione non ancora pronunciata. Un’idea che loro hanno captato.
“Si” dico con aria affettuosa “andiamo fuori a fare una passeggiata”.
A questa certezza inizia l’euforia. Luna, la mia cagnetta, inizia ad abbaiare e a sorridere; perchè lei ride e io che la conosco lo capisco. Teo, l’altro cane, inizia a fare le trottole su se stesso.
Passa qualche attimo di pura gioia i miei due cani si lanciano verso i guinzagli.
Teo è un labrador puro, color miele, di circa due anni e mezzo. L’età esatta non la so, l’ho adottato da un rifugio. E’ stato salvato in gravi condizioni da alcuni volontari, che non sapevano quando fosse nato.
Luna invece è una meticcia di labrador nera di cinque anni, adottata da cucciola. Aveva appena un mese e mezzo e stava in una mano.
Adesso è una labradorina in miniatura. Non che sia piccola, pesa diciotto chili, ma non raggiunge la mole del labrador di razza, sebbene ne preservi la caratteristica camminata ondeggiante.
Mettere loro collare e guinzaglio non è facile.
Perché per il cane andare a passeggiare è come per noi umani vincere al Superenalotto.
Non stanno nella pelle e prima di riuscire a farli accovacciare devo ripetere loro due o tre volte il comando del seduto. E’ tutto uno sbattere di code su mobili e battiscopa.
Poi, dopo tutto il trambusto siamo pronti per uscire.
Apro la porta e nel loro fervore incontenibile i cani iniziano a tirare. Luna inoltre abbaia forte per la felicità.
I primi cinquanta metri sono sempre faticosi e devo contenere la loro euforia strattonando con un certo vigore i guinzagli. Dicono che il cane che tira al guinzaglio vuole essere dominante.
Non lo so se sia così, ad ogni modo un po’ di disciplina in una famiglia non fa mai male e provo, forse con scarso successo, a fare il lupo alfa.
I cani annusano tutto.
L’olfatto è per loro la nostra vista. È il loro senso primario ed esplorano così un mondo che a noi è precluso. Un mondo fatto di odori a noi invisibili.
Io e i miei cani abbiamo il nostro giro usuale.
Abito in campagna, e poco dietro la mia casa c’è una strada sterrata che porta al bosco.
E’ lì che li lascio liberi di correre.
Subito è un abbassare il muso a terra e un annusare ogni singolo anfratto, ogni erba e ogni tronco, alla ricerca di chissà che cosa.
È una frenesia di nasi che esplorano.
Luna inizia a correre avanti e indietro, a cercare qualcosa, un pezzo di legno, una pigna, che io possa tirarle per poi riportarmela.
Teo invece è un pacioccone. Per un po’ va a zonzo tra l’erba alta e gli alberi che affiancano il sentiero, poi fa i suoi bisogni in un modo tutto suo caratteristico, eseguendo un pittoresco balletto in girotondo.
Infine, si mette a camminare al mio fianco e mi segue come un’ombra.
Come giro a destra lui gira a destra, come giro a sinistra lui gira a sinistra, come mi fermo, si ferma e inizia a guardarmi come a chiedermi “ Eh mo’, dove andiamo?”.
Da sempre l’uomo ha convissuto con i cani. Da quando i nostri antenati preistorici hanno addomesticato il lupo ed è probabilmente per questo passato ancestrale, che camminare nella natura con il cane ha un qualcosa di speciale.
Mi piace osservarli mentre corrono liberi.
Formiamo un branco.
Luna è la più irrequieta. Quando corre avanti si ferma spesso a vedere se ci siamo tutti dietro a lei.
Il branco va in giro insieme e nessuno si deve perdere.
Ogni tanto mi nascondo fulmineo dietro a qualche albero, per vedere come reagiscono alla mia scomparsa.
Nei loro occhi per un attimo regna sconcerto. Quasi il panico. Poi si mettono a correre nell’ultima direzione nella quale mi hanno visto.
Quando alla fine salto fuori dal mio nascondiglio è un mare di feste e di leccate. Un abbaiare gioioso e allegro.
Spesso me ne starei a casa e non uscirei, ma quando vedo gli occhioni dei miei cani che mi guardano supplicanti, non posso fare a meno di accontentarli.
E quando sono li, tra l’erba e gli alberi e vedo come sono felici, la gioia pervade anche me.
I cani mi fanno tenerezza perché non chiedono nulla se non una ciotola e un po’ di affetto.
Non preservano rancore, anzi, non sanno nemmeno cosa sia e sono disposti a ritornare anche dal padrone più crudele, perché così è nella loro indole.
Mi chiedo come si possa non abbracciare quegli occhioni languidi e quelle pancione pelose, e sprofondare nella tenerezza dei sospiri che fanno quando si rilassano distesi, mentre li accarezzo o ancora ridere divertiti nel vedere le loro zampe che corrono mentre dormono, a immaginare chissà che pascoli sconfinati.
Poco importano i peli sul divano o sui miei vestiti. Fanno parte del gioco e infine sono poca cosa in confronto al calore che loro donano.
Non m’importa di quelli che dicono che sono solo cani e come tali bisogna trattarli.
Io infatti, li tratto da cani.
Li accarezzo e li coccolo appena me ne danno l’occasione, cioè sempre.
Li lascio stare distesi con me sul divano. A volte anche sopra di me, il che con Teo che pesa quaranta chili è un problema. Li porto a fare le passeggiate in mezzo alla natura, per loro il massimo della felicità.
Quando torniamo verso casa, Teo e Luna sono molto più tranquilli.
Al guinzaglio non tirano più. Si sono sfogati e per quel giorno gli basta.
Mi guardano soddisfatti e si vede dai loro occhi che sono felici.
Percorriamo la strada asfaltata in lieve pendio, e Teo inizia come sempre ad arruffare il pelo sulla schiena.
Stiamo infatti per costeggiare la casa in cui vivono due pastori bergamaschi, che lo irritano parecchio. Ogni volta, se non ci fosse il recinto si sbranerebbero a vicenda.
È tutto un abbaiare e denti digrignati.
Luna invece è incurante del più, e se ne fila via dritta senza degnare i pastori di un benché minimo sguardo.
È la solita storia. Competitività tra maschi.
Ma basta che lo strattono un po’ e Teo rinviene subito dalla sua aggressività.
Anche per oggi è andata.
Apro la porta di casa, tiro via i guinzagli e li lascio liberi.
Loro, prima bevono, poi reclamano qualche biscottino e in un istante sono distesi sul divano per continuare la loro placida routine.
Non ho mai visto altro essere vivente addormentarsi così velocemente.
Fanno proprio una vita da cani.