Oggi viviamo in un mondo virtuale.
Cosa comporta ciò?
Venti o venticinque anni fa ero di
passaggio alla stazione di Modena se non ricordo male, ed ebbi un pensiero che
reputai originale. Nel vedere un viaggiatore come me che era impegnato in una
conversazione al cellulare pensai che la tecnologia allontana invece di unire.
Allora di cellulari ce n’erano
molti di meno. Non erano certamente numerosi come adesso.
Nell’immaginario del viaggio s’
intravvede la dimensione della distanza, della scoperta, dell’avventura.
Vengono alla mente incontri fatti in treno tra passeggeri dello stesso
scompartimento, che per passare il tempo fanno conoscenza e iniziano a
dialogare.
Oggi non è più così perché se
qualcuno ha esperienza di treno sa che i cellulari in quel luogo impazzano, e
il compagno di scompartimento oramai non parla più con te, ma semmai parla o
gioca con lo smartphone.
Un altro aspetto del mondo virtuale
è il tipo di interazione che non è più palpabile, concreta, tattile direi, ma
viaggia nell’etere. E così posso diventare e immaginarti come voglio, come più
gradisco.
Si perde la concretezza della
realtà, cioè ciò che rende la persona, ma anche la relazione, autentica.
Se ti vedo, se ti tocco, so che
esisti, e so che sei così.
Se invece ti vedo solo attraverso
un monitor ti costruisco come voglio, e costruisco anche il mondo come voglio.
Mi creo appunto una realtà
virtuale, che a lungo andare allontana dall’autenticità e semmai proietta in un
mondo frenetico e veloce come i dati che passano attraverso una fibra ottica.
E allora è la natura a venire in
soccorso magari perdendosi per i boschi, respirando a pieni polmoni una brezza
che arriva dal mare, o tagliando i tralci di una vigna. Occorre staccare gli
occhi dal monitor, levare le dita dalla tastiera e riportare il mondo virtuale
a quello che è, senza esaltarlo e senza demonizzarlo.
La tecnologia è utile, certamente,
ma per utilizzarla al meglio è necessario divenire consapevoli delle deviazioni
percettive e relazionali che da essa, da questa tecnologia virtuale, possono
derivare.
Perchè? Per non ritrovarsi a vivere
nella fragilità e nella freddezza di un mondo, passatemi il termine forse
azzardato, autistico.
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