martedì 4 gennaio 2011


Il cigno

Il cigno volava intorno al lago, compiendo ampie curve sullo specchio dipinto dell’acqua. La luna creava forme oblunghe sulle leggere increspature create dal vento mentre Una brezza leggera si era levata dopo il tramonto del sole. Una brezza di terra.
Il cigno si posò piano sull’acqua senza fare il minimo rumore, racchiuse le ali ed inizio il suo suadente movimento tra i coriandoli argentei della luna riflessa sul lago.
L’uomo stava seduto sulla panchina ed osservava assorto quel paesaggio notturno.
Le sue guance erano bagnate di lacrime.
Era seduto li da tanto ad osservare il vuoto, impermeabile alla pace di quel posto in quell’istante. Era come una statua immobile senza tempo e senza inizio. In silenzio.
Anni addietro quel parco era stato il luogo dei suoi giorni più felici. Insieme a lei.
Su quel lago avevano festeggiato il loro amore, danzando i giorni della giovinezza. Il lago era stato il testimone dei loro baci, delle loro promesse e dei loro sogni. Tanto tempo fa.
Poi ci fu la guerra e lui dovette partire. Spari, urla, vite squarciate dal rumore delle mine e sangue rappreso sui fili spinati. Lettere scritte, tante, a lei, sperando in una risposta che arrivava sempre dopo mesi. Mesi che piano piano diventarono anni, in cui decine e decine di lettere tennero insieme il loro amore ed i loro ricordi.  Briciole di speranza nella devastazione della stupidità umana.
Un giorno, la guerra che si era presa tutto, fini’ e finalmente poterono riabbracciarsi. In quel lontano 1945.
Il lago durante quel tempo era rimasto immutato. Acqua all’acqua, polvere alla polvere, cenere alla cenere.
La sofferenza aveva unito le persone, e gli anni che seguirono furono di euforia e di vera felicità. Quella che si conosce solo dopo il tunnel del buio, lontano dalla falsa allegria. E loro conobbero la felicità del rincontrarsi, del riamarsi e del ricostruire cio’ che sembrava perso e perduto per sempre.
Ma perchè vi racconto tutto ciò’, vi chiederete?
Perchè’ voglio dirvi che i miracoli esistono, che esiste la provvidenza, così’ come anche il bene. Ma non in maniera astratta e metaforica, semplice proiezione di un’aspettativa demandata ad un futuro sempre drammaticamente lontano. I miracoli invece sono tangibili come il tatto che sente una mano che si posa sulle curve di un legno di ulivo ben modellato .
Erano invecchiati insieme, uniti ed animati dal vero amore fino all’ultimo giorno, quando lei si era spenta fra le sue braccia, serenamente. Perchè le foglie sanno quando è il tempo di cadere e si lasciano trasportare nel flusso eterno del  vento, quando è giunta l’ora. Lui l’aveva lasciata andare, stringendola a se in silenzio per un tempo indefinito, finche’ le accarezzò i capelli per l’ultima volta, le baciò’ la fronte e le disse arrivederci. Senza una lacrima. Solo i suoi occhi lasciavano trasparire il dolore che lo stava invadendo.
Da quel giorno si dirigeva al lago, sempre alla stessa ora del crepuscolo. E fu li che lo conobbi.
Osservavo anch’io quella sera il volo del cigno, assorto nei miei pensieri e rapito dalla sua grazia, finche’ scorsi l’uomo anziano sulla panchina. Mi avvicinai e vidi che piangeva. Mi sedetti accanto e stranamente non provai tristezza per lui, ma senti serenità. Gli chiesi perchè piangesse e così mi narrò la storia che vi ho appena raccontato. Ma non vi era  pena nelle sue parole, anzi, al contrario esse mi davano pace.
Lo ascoltai in silenzio, finche’ aggiunse “Oggi lei e’ arrivata”.
Si alzò’ in piedi piano piano, sotto il peso dei suoi anni e si diresse sulla sponda verso l’acqua, così che il riverbero della luna sull’acqua per un attimo lo nascose al mio sguardo e fu li che tutto accadde.
Proprio in quell’istante il vecchio sembrò scomparire, e subito dopo vidi due cigni spiccare il volo e allontanarsi verso l’orizzonte fino a  dissolversi uniti nel chiarore riflesso dell’astro celeste.
Rimasi solo, immobile, nel silenzio eterno di un miracolo appena consumato e incredulo portai le mani al cielo come in un atto di preghiera, mentre lacrime di commozione scendevano dai miei occhi. Allora una piuma bianca e soffice, con una grazia dolcissima, danzando di mille capriole, venne giù dal cielo e si poso nelle mie mani per darmi un segno di speranza. E di fede.
Da quel giorno credo nei miracoli.



Racconto di Cristiano Pedersini

1 commento:

Anonimo ha detto...

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