lunedì 10 gennaio 2011

Toccare non significa raggiungere.
  
                                                           citazione di Cristiano Pedersini

domenica 9 gennaio 2011


UNO SHIATSU DA CANI  (Autunno 2001)

No, non parlo di shiatsu fatto male, ma di un'esperienza che sto facendo da un pò di tempo.
Daphne è castana ed ha i capelli lunghi. Ti scruta con i suoi occhioni neri sotto la frangetta che le cade sugli occhi e sembra guardarti dentro. Ha sofferto tanto in vita sua. È rimasta due volte orfana e l'ultima volta questo l'ha segnata parecchio. Ha subito l'asportazione delle mammelle per tumore e l'asportazione dell'utero per emorragia interna. L'ultima sua disgrazia è l'artrosi cervicale che la fa contrarre tutta e la fa piangere di dolore.
La prima volta è stato più per affetto, che le ho accarezzato la testa dolcemente. Volevo trasmetterle un pò di tranquillità e serenità. Sono rimasto fermo lì per un bel pò, semplicemente ascoltando il suo respiro che si faceva più lento ed osservando i suoi fremiti calmarsi.
Lei si è girata, mi ha guardato negli occhi con uno sguardo di profonda gratitudine, mi ha accarezzato la gamba con la sua zampetta pelosa e si è addormentata.
Daphne ha 12 anni ed è un cane da caccia, un grifone, ma sono lontani i tempi delle battute, ora che il suo padrone, mio suocero, se n'è andato per una malattia un settembre di qualche anno fa, mentre le foglie delle querce iniziavano a cadere.  Così è rimasta abbandonata per la seconda volta.
La prima volta è stato tanto tempo prima, quando lei era giovane e ciò che le rimase della sua prima casa, fu solo la rabbia ingiustificata dei familiari del suo precedente padrone. Lui, il padrone, era stato buono e gentile, ma la moglie no, ed ha sfogato su Daphne la sofferenza della perdita. Il suo lutto si è trasformato in rabbia ed aggressività.
Daphne è arrivata nella nostra casa denutrita e sospettosa, senza più fiducia negli uomini; poi l'amore e l'affetto l'hanno guarita.
Con la morte di mio suocero si è sentita nuovamente abbandonata e questa nuova perdita l'ha riportata indietro, in quell’antico lutto arrogante dove al dolore si era affiancata la malvagità.
Ho iniziato a massaggiarla con regolarità ed ho scoperto con sorpresa che per i cani (ma anche per i cavalli ed i gatti) esistono delle mappe di punti di agopuntura simili a quelle per gli esseri umani. Me le ha date la veterinaria che la tiene in cura per l'artrosi cervicale, con terapie alternative quali l'agopuntura ed i fiori di Bach. Dice che principalmente sta male per il lutto e questa sofferenza poi si riflette nel fisico.
Personalmente credo fortemente in questo, dato che lavorando con le persone ho potuto constatare con mano (non è un gioco di parole) quanto influisca e sia fondamentale la vita emotiva ed affettiva sul corpo.
Daphne a causa dell'artrosi, cammina a capo chino guardando per terra e così facendo ha l'aspetto di chi è provato dalla vita, senza il coraggio o la forza di alzare più la testa.
All'inizio le trattavo punti e zone specifiche per l'artrosi cervicale, concentrandomi di più sulla componente fisica, ma ultimamente ho cambiato rotta.
Mi sono reso conto che dovevo accostarmi alla sua sofferenza e così mi sono messo lì ad ascoltare, appoggiando semplicemente le mani in silenzio.
La sua emozione mi è arrivata per caso, dopo che ero riuscito a sgombrare la mente dalla spazzatura delle mie aspettative di cura, dai teoremi sui meridiani energetici, dalla medicina cinese che mi diceva di trattare i punti di rene piuttosto che di milza, ed ho avvertito la sua tristezza.
Allora ho sentito che potevo fare da tramite per scaricare questa energia e sofferenza attraverso di me, perchè ho imparato a farlo nella mia vita con i miei dolori, forse più di lei, oppure semplicemente per alleggerirla con la mia condivisione e vicinanza.
Da quel momento ho avvertito che tra me e lei si è instaurato un rapporto più profondo e lei mi comunica, ovviamente senza parole (ho riflettuto molto in questo caso sulla validità del massaggio come mezzo di comunicazione non verbale, che, soprattutto con gli animali può rappresentare un validissimo mezzo di comunicazione di emozioni e sentimenti).
Io ci credo.
Gli animali sono come le persone, certamente con le loro abitudini diverse, a detta di molti con un'intelligenza limitata, opinione che io non condivido perchè tutto si gioca nella definizione che vogliamo dare all’intelligenza, ma con tanto affetto ed un cuore disponibile.
Sono più vulnerabili, sono più veri ed autentici. Non sanno mentire mentre noi purtroppo si.
Ora uso solo il tocco delle mani. Mani che coccolano, che accarezzano, che rilassano, che cantano la ninna nanna. Uso le visualizzazioni. Attraverso le mie mani le comunico praterie sconfinate in cui corriamo felici, cieli limpidi e cibi da leccarsi i baffi. Provo a darle un motivo per attraversare il suo lutto e tornare a camminare con la testa eretta.
Anche questo è shiatsu. Uno shiatsu da cani.


Epilogo (Natale 2006)

Da quando iniziai a praticare su Daphne lo shiatsu, lei non ha più sofferto di artrosi cervicale e tra noi da subito si instaurò un legame molto profondo. Percepivo il suo affetto e la sua gratitudine.
Sapeva che le volevo bene.
Negli anni che ha vissuto con noi ha avuto una vita felice e libera, quella che dovremmo donare ad ogni cane e ad ogni animale che ci sta vicino.
È solo questione di amore, l’unica primaria necessità di tutti noi esseri viventi.
Daphne se n’è andata, tra le nostre braccia, il giorno di Santo Stefano del 2006, per un’insufficienza renale legata alla sua età. Abbiamo usato l’eutanasia, cosa che probabilmente oggi non faremmo più. Ma le siamo stati vicino sino all’ultimo e l’abbiamo salutata con le nostre lacrime ed il nostro dolore.
Ora è ritornata a correre felice nei prati celesti con il suo padrone. 



martedì 4 gennaio 2011


Il cigno

Il cigno volava intorno al lago, compiendo ampie curve sullo specchio dipinto dell’acqua. La luna creava forme oblunghe sulle leggere increspature create dal vento mentre Una brezza leggera si era levata dopo il tramonto del sole. Una brezza di terra.
Il cigno si posò piano sull’acqua senza fare il minimo rumore, racchiuse le ali ed inizio il suo suadente movimento tra i coriandoli argentei della luna riflessa sul lago.
L’uomo stava seduto sulla panchina ed osservava assorto quel paesaggio notturno.
Le sue guance erano bagnate di lacrime.
Era seduto li da tanto ad osservare il vuoto, impermeabile alla pace di quel posto in quell’istante. Era come una statua immobile senza tempo e senza inizio. In silenzio.
Anni addietro quel parco era stato il luogo dei suoi giorni più felici. Insieme a lei.
Su quel lago avevano festeggiato il loro amore, danzando i giorni della giovinezza. Il lago era stato il testimone dei loro baci, delle loro promesse e dei loro sogni. Tanto tempo fa.
Poi ci fu la guerra e lui dovette partire. Spari, urla, vite squarciate dal rumore delle mine e sangue rappreso sui fili spinati. Lettere scritte, tante, a lei, sperando in una risposta che arrivava sempre dopo mesi. Mesi che piano piano diventarono anni, in cui decine e decine di lettere tennero insieme il loro amore ed i loro ricordi.  Briciole di speranza nella devastazione della stupidità umana.
Un giorno, la guerra che si era presa tutto, fini’ e finalmente poterono riabbracciarsi. In quel lontano 1945.
Il lago durante quel tempo era rimasto immutato. Acqua all’acqua, polvere alla polvere, cenere alla cenere.
La sofferenza aveva unito le persone, e gli anni che seguirono furono di euforia e di vera felicità. Quella che si conosce solo dopo il tunnel del buio, lontano dalla falsa allegria. E loro conobbero la felicità del rincontrarsi, del riamarsi e del ricostruire cio’ che sembrava perso e perduto per sempre.
Ma perchè vi racconto tutto ciò’, vi chiederete?
Perchè’ voglio dirvi che i miracoli esistono, che esiste la provvidenza, così’ come anche il bene. Ma non in maniera astratta e metaforica, semplice proiezione di un’aspettativa demandata ad un futuro sempre drammaticamente lontano. I miracoli invece sono tangibili come il tatto che sente una mano che si posa sulle curve di un legno di ulivo ben modellato .
Erano invecchiati insieme, uniti ed animati dal vero amore fino all’ultimo giorno, quando lei si era spenta fra le sue braccia, serenamente. Perchè le foglie sanno quando è il tempo di cadere e si lasciano trasportare nel flusso eterno del  vento, quando è giunta l’ora. Lui l’aveva lasciata andare, stringendola a se in silenzio per un tempo indefinito, finche’ le accarezzò i capelli per l’ultima volta, le baciò’ la fronte e le disse arrivederci. Senza una lacrima. Solo i suoi occhi lasciavano trasparire il dolore che lo stava invadendo.
Da quel giorno si dirigeva al lago, sempre alla stessa ora del crepuscolo. E fu li che lo conobbi.
Osservavo anch’io quella sera il volo del cigno, assorto nei miei pensieri e rapito dalla sua grazia, finche’ scorsi l’uomo anziano sulla panchina. Mi avvicinai e vidi che piangeva. Mi sedetti accanto e stranamente non provai tristezza per lui, ma senti serenità. Gli chiesi perchè piangesse e così mi narrò la storia che vi ho appena raccontato. Ma non vi era  pena nelle sue parole, anzi, al contrario esse mi davano pace.
Lo ascoltai in silenzio, finche’ aggiunse “Oggi lei e’ arrivata”.
Si alzò’ in piedi piano piano, sotto il peso dei suoi anni e si diresse sulla sponda verso l’acqua, così che il riverbero della luna sull’acqua per un attimo lo nascose al mio sguardo e fu li che tutto accadde.
Proprio in quell’istante il vecchio sembrò scomparire, e subito dopo vidi due cigni spiccare il volo e allontanarsi verso l’orizzonte fino a  dissolversi uniti nel chiarore riflesso dell’astro celeste.
Rimasi solo, immobile, nel silenzio eterno di un miracolo appena consumato e incredulo portai le mani al cielo come in un atto di preghiera, mentre lacrime di commozione scendevano dai miei occhi. Allora una piuma bianca e soffice, con una grazia dolcissima, danzando di mille capriole, venne giù dal cielo e si poso nelle mie mani per darmi un segno di speranza. E di fede.
Da quel giorno credo nei miracoli.



Racconto di Cristiano Pedersini

lunedì 3 gennaio 2011

Stazioni

Tra i volti che vanno e i volti che vengono
i binari sbuffano nella speranza di un'attesa.
Ma oggi dentro me essi convergono
nell'infinito doloroso di un'addio
che si perde nella linea indefinita 
di un domani senza te.