Melanie Klein, la celebre psicoanalista del secolo
scorso, nella sua teoria dello sviluppo infantile ha coniato ed elaborato i
termini e costrutti di posizione
schizoparanoide e posizione
depressiva.
Sono posizioni
e non fasi di sviluppo, perché esse
sono degli stati della mente che possono alternarsi e aver luogo nel corso di
tutta la vita, non solo nel periodo evolutivo.
La posizione
schizoparanoide di Klein, la più regredita e arcaica, può essere associata
al concetto di pulsione di morte di Freud, Thanatos,
mentre la posizione depressiva,
caratterizzata da processi e difese intrapsichiche più evolute, si può
associare al concetto freudiano di pulsione di vita, Eros.
Quindi morte, distruzione, annichilimento,
involuzione, regressione, arretramento, che si contrappongono a vita,
creazione, entusiasmo, avanzamento, progressione, evoluzione.
Per poter passare dalla posizione schizoparanoide, distruttiva e mortifera, e accedere alla
posizione depressiva, propria
dell'elaborazione del lutto, è necessario aver introiettato, cioè immagazzinato
dentro di sé, un bagaglio sufficiente di oggetti
buoni.
In psicoanalisi per oggetto si intende un'entità attiva che svolge un ruolo e recita
sul palcoscenico del mondo interno. Quasi una persona in grado di amare,
odiare, distruggere, divorare, invidiare. L'oggetto
è una persona concreta che è stata introiettata, cioè portata dentro. Può
essere ad esempio la mamma, il papà, la nonna, il nonno, che da mamma, papà,
nonna, nonno esterni diventano mamma, papà, nonna, nonno interni. Questi oggetti interni ci accompagnano per
tutta la vita. Essi possono però assumere una valenza sia positiva sia negativa,
cioè possono sostenerci o possono ostacolarci nella nostra traiettoria
esistenziale. Infatti si parla di oggetti
buoni e di oggetti cattivi.
Appare evidente che se ho avuto dei genitori sadici
questi oggetti interiorizzati non
potranno che essere sadici e quindi entreranno in conflitto con il naturale
impulso vitale di ognuno di noi alla maturazione individuale, all'evoluzione,
al benessere, alla crescita.
Gli oggetti
cosiddetti primari sono la mamma e il
papà o chi ne ha fatto le veci nella prima infanzia, e per ambiente primario si intende il contesto e l’intreccio relazionale che
ha costituito il nostro mondo nei primi anni di vita.
Riassumendo, l’avere dentro di sé un carico
sufficiente di oggetti buoni
significa avere un rifornimento interiore sufficiente di cose buone che
coccolano l'anima: orsacchiotti pelosi e teneri, carezze della mamma, rinforzi
positivi del papà, le attenzioni affettuose dei nonni, le fiabe buone che
tengono lontani gli orchi ecc.
Purtroppo molte volte capita che gli oggetti cattivi, gli orchi, gli incubi,
gli spettri interiori, i quali, come gli oggetti
buoni, sono presenti nel nostro inconscio, siano preponderanti.
Questa preponderanza di male impedisce al bene di
fare il suo corso naturale verso una vita armoniosa, gioiosa, colma d'amore, di
dolcezza, di gentilezza, di trasparenza.
Una preponderanza di male porta inesorabilmente alla malattia psichica o fisica che sia.
Una preponderanza di bene porta benessere e forza interiore. In questo caso, semmai si
dovesse incorrere in qualche incidente di percorso nel corso della vita, esso
non causerebbe malattia, ma porterebbe a una lesione.
Lesione e malattia non sono sinonimi.
Una persona può essere lesa, ma non essere malata.
Ci sono molti esempi di persone lese, ma non malate: Stephen
Hawking, Frida Kahlo e per rimanere in Italia, Alex Zanardi o Bebe Vio.
Se gli oggetti cattivi sono preponderanti vince la
paura, l'incertezza, il buio, il vuoto, la
perversione, il nascondimento, il deserto dell'anima.
Se percepiamo un malessere astratto, un qualcosa a cui
non sappiamo dare un nome dentro di noi, un qualcosa che sembra far andare
tutto storto nella nostra vita, se sentiamo che ci manca qualcosa, o peggio
siamo portatori di sintomi gravi quali angoscia, ansia, panico, delirio ecc.
ecc., allora significa che qualcosa nel nostro processo evolutivo non è andato bene.
È probabile allora che ci stiamo difendendo. Abbiamo
gettato lontano o nascosto sotto metri di terra dura gli orsacchiotti teneri,
la dolcezza, la tenerezza. Abbiamo dichiariamo guerra al mondo. Oppure può
anche essere che dolcezza, tenerezza e amore non li abbiamo mai ricevuti e
quindi rappresentato per noi parole vuote, miraggi, aneliti. Simulacri che
urtano un cuore ferito e straziato, e fanno sorgere sentimenti di invidia e
incredulità.
Crediamo che se noi non ce li abbiamo, essi non
esistono in nessuno.
È successo che questi oggetti buoni non li abbiamo potuti interiorizzare, perché
semplicemente non c’erano quando era il momento giusto, quando eravamo dei
bambini indifesi e bisognosi.
Allora vince la ferita narcisistica. Il bambino ferito,
indurito dalla mancanza d'amore, diventato apparentemente adulto, deve
rivendicare i torti subiti.
In questo modo, dichiarando guerra al mondo, non vince
nessuno e perdono tutti.
Avremmo avuto bisogno di tanti oggetti buoni da introiettare.
Avremmo avuto bisogno di tenerezza, di carezze, di
dolcezza, di amore.
Così ora la bilancia tra oggetti buoni e oggetti
cattivi penderebbe dalla parte giusta.
Se così non è stato, non possiamo autonomamente
inventare dal nulla ciò che non conosciamo. Giocoforza non si può amare se non
si è stati amati.
Solo attraverso una relazione terapeutica potremo passare
da una posizione schizoparanoide a
una posizione depressiva. Ci dovrà
essere un alleato che ci ascolti e ci aiuti in un percorso autentico, per
attraversare il nostro dolore più antico, probabilmente mai rivelato neppure a
noi stessi. Uno spazio libero dal giudizio, protetto, dove poter ritornare
bambini e piangere le lacrime che allora, quando era il tempo, non abbiamo
potuto versare. Allora non c'era nessuno pronto ad accoglierle.
Solo in tal modo potremo vivere il nostro dolore in
una mente integrata, e non rotta come un melone caduto a terra da un camion incidentalmente
passato sopra una buca.
Potremo piangere per le cose non ricevute.
Potremo elaborare il lutto della perdita o, nel caso peggiore,
della mancanza assoluta di affetto, di una mamma e di un papà buoni
interiorizzati.
Solo così potremo iniziare o riiniziare forse per la
prima volta a vivere nella gioia, nella pienezza, nell'amore.
Altrimenti si apriranno solo orizzonti malsani, in cui
vincerà la nocività e la perversione dei rapporti.
Tutto ciò non si può fare da soli, ma solo
accompagnati attraverso un percorso interiore, doloroso e spesso cosparso di
spine.
La psicoterapia è questa.
Per ricollegarsi ai concetti freudiani di Eros e Thanatos che ho espresso prima, un'analisi riuscita favorisce Eros, non Thanatos.
Quindi un'analisi riuscita porta verso la crescita, la
responsabilità adulta e la capacità di amare.
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Cristiano Pedersini