giovedì 25 settembre 2014

Il barbone

Sono un barbone. 
Me ne sto tutto il giorno sulla scalinata a cielo aperto, sotto i volti di questa chiesa che in fondo vede il mare. 
E’ bella la chiesa di Sant’Antonio. Ha delle alte volte all’ingresso, dove mi riparo nei giorni di pioggia.
Quando c’è vento entro in chiesa e qualche volta prego…., così, per abitudine, … perché tanto so già che Dio non mi ascolterà.
Ma va bene così.
Mi metto davanti alla Madonnina e recito un’Ave Maria. A volte un Padre Nostro. 
C’è, è vero, in fondo una vocina che dice che si, che c’è la speranza, e allora sento un’energia strana che mi pervade. 
Ma dura poco. 
Qualche istante e poi subito sono ripreso dal vortice dell’inerzia …. e della solitudine.
Ave Maria piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù…..
Me ne sto tutto il giorno a guardare i passanti.
Ormai mi basta uno sguardo, un piccolo tratto fugace del loro volto, un piccolo gesto, e riesco a percepirli dentro, a scorgere dove loro non riescono a scorgere, in profondità, oltre i loro finti sorrisi.
Ma per me è facile. Ho tanto tempo e tanto allenamento. 
E soprattutto non ho più nulla da perdere.
Sono un relitto, un reietto della società. Un parassita che aspetta solo di scomparire.
In realtà sono scomparso tanti anni fa. 
E’ stato l’alcol a portarmi via, o forse non c’ero ancora prima, non lo so. 
Forse non sono mai nato e tutto questo è un’illusione.
Ho visto una foto di Giovanni l’altro giorno, sul giornale. Eravamo amici, tanto amici, finchè lui non divenne l'amante di mia moglie. 
No, non ebbi moti di vendetta, non pensai a delitti d’onore, a quelle tragedie truci che tanto piacciono e che vengono sbattute in prima pagina, no …. non sono cose per me.
Sono un vigliacco. Mi manca il coraggio per certe azioni.
Invece, quando lei è scappata via, mi sono attaccato alla bottiglia e ho iniziato a ciucciare a più non posso.
Padre Nostro….. che sei nei cieli…. no … non mi hai aiutato Padre.
Adesso lui, Giovanni, il mio amico, è una persona importante, mentre lei non l’ho più vista. 
Pare che poco dopo lui l’abbia scaricata. Era stata la sua preda, preda che una volta presa aveva perso il suo fascino. Ma per me era troppo tardi. 
Piano piano l’alcol ha fatto il suo lavoro e quando non ho più avuto i soldi per comprarmi altre bottiglie, per pagare gli affitti e le bollette, sono finito sulla strada.
Ma in fondo qui non si sta male. All’inizio è stata dura, ma ora non più. 
Sono rassegnato. 
Osservo gli altri mentre voltano lo sguardo per non scorgere il mio stato trasandato, per non vedere dove può portare la sconfitta. Dove può condurre la vita. 
Distrogliere lo sguardo è un modo per non guardare dentro al baratro che c’è anche in loro.
Alla fine molti sono ipocriti.
Provavo rabbia, tanta rabbia. Una rabbia che ho cercato di affogare nell’alcol. Ma non è servito.
Adesso provo rassegnazione. Non spero più in una mano amica che mi dia una semplice carezza. Qualcuno che mi dica che per lui sono importante. Per uno solo. Solo per uno. Mi basterebbe per volare via. Sereno.
Ma sono fatto di uno sporco trasparente, e nemmeno i piccioni della piazza che svolazzano qui davanti si accorgono di me. Un barbone che non ha speranza.
Ave Maria, piena di grazia…..

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo racconto.Ti ho ascoltato alla radio ieri e questo in particolare mi è piaciuto molto. Grazie Carla

Cristiano Pedersini ha detto...

Grazie a te Carla.