La coazione a ripetere è collegata alla pulsione di morte e rappresenta l'immobilità di una posizione conosciuta, un movimento ripetitivo e privo di esperienze che si rinnovano, quando la vita al contrario è rappresentata dal rigenerarsi e l'espandersi in una dimensione sempre nuova.
La coazione a ripetere è ben visibile nei rituali ossessivi,
o anche nelle stereotipie tipiche di certe schizofrenie. Ma allargando la mia
riflessione mi viene da espandere la coazione a ripetere anche alla modalità
esistenziale di molte altre persone.
In fin dei conti credo che spesso i pazienti arrivino nella
stanza di psicoterapia con la pretesa magica, anche se comprensibile, di
restaurare pari pari una situazione interiore che sotto l’azione di qualche
pressione interna - esterna è collassata, scompensando la persona.
Ancor di più, l’assunzione di psicofarmaci ha una funzione
di ripristino, ma mentre una psicoterapia condotta da uno psicoterapeuta
preparato è evolutiva, l’assunzione di psicofarmaci se non accompagnata da un
percorso di consapevolezza ripristina l’equilibrio precario pre-crisi. Quindi,
anche se i sintomi possono passare questo equilibrio non modificato ne compreso
da un cammino di conoscenza di sé rimarrà precario e instabile.
Si tende a un omeostasi regressiva, cioè a ripristinare un
equilibrio pre-esistente, piuttosto che evolutiva, cioè scoprendo altri
equilibri possibili.
Ecco, questo movimento nel conosciuto è la coazione a
ripetere.
La libertà però si colloca in un equilibrio dinamico, cioè
nella possibilità di affacciarsi all’evoluzione insita nel ciclo esistenziale
senza la paura (inconscia) del nuovo perché mai sperimentato.
Credo che la vera sfida di ogni percorso terapeutico sia in
fin dei conti aiutare la mente del paziente ad affacciarsi a nuovi orizzonti
possibili smorzando il timore di muoversi in spazi inesplorati.
Il vecchio (il certo) anche se fa condurre una vita di
sofferenza, offre una sensazione di sicurezza, il nuovo (l’incerto) spaventa.